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La granita siciliana nasce dalle grotte dell’Etna ai tempi dei nivaroli

grotte dell'Etna

La granita siciliana nasce dalle grotte dell’Etna ai tempi dei nivaroli

Quando si viene in Sicilia si piange tre volte. Quando si arriva, quando si parte e quando… ci si pesa! Del resto cosa c’è di meglio che iniziare un’escursione con una granita siciliana?Mandorle, gelsi, limone…pistacchio? Poco importa, la granita siciliana è una vera e propria poesia. Sinfonia di sapori che deliziano il palato, appagano lo spirito e rinfrescano nelle calde giornate estive. A colazione ma non solo, anche come pranzo o cena quando proprio non abbiamo appetito. Ma in quanti sanno che la granita siciliana nasce dalle grotte dell’Etna ai tempi dei nivaroli?

Senza elettricità né refrigeratori, come si arriva alla granita?

La granita siciliana nasce dalle grotte dell’Etna ai tempi dei nivaroli

In tempi remoti, la granita era intesa come bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose. Fu portata in Sicilia dagli arabi durante la loro dominazione. La chiamavano sherbet. Durante il Medioevo, si diffonde sull’Etna e anche su altre zone come i Monti Peloritani e Iblei una professione tutta particolare: quella dei “nivaroli” uomini che in inverno andavano a raccogliere la neve. Sull’Etna, la conservavano dentro le grotte vulcaniche per usarla nei mesi caldi. Le neviere possono essere considerate precursori dei congelatori di oggi. Un esempio di queste neviere è la grotta della neve sull’Etna, una grotta che con i dovuti accorgimenti è possibile visitare.

Quali gusti provare?

Oggi la granita si può assaporare nei gusti più svariati: pesca, fragola, cioccolato, limone, mandorla, fichi e tanti altri. Per rimanere nel territorio etneo consiglio di provare la granita ai gelsi e quella al pistacchio. La vera granita siciliana, inoltre, è rigorosamente fatta con frutta fresca ed è per questo che in alcuni momenti dell’anno alcuni gusti non si trovano. In particolare ci riferiamo a quella ai gelsi.

L’estate arriva quando arriva la granita ai gelsi!

Le campagne e alcune zone di montagna sono ancora ricche di questo frutto che nasce spontaneamente. In piena estate si possono gustare delle granite ai gelsi di straordinaria bontà. Se avete la fortuna di trascorrere le vostre vacanze in un agriturismo in campagna, munitevi di un bel cestino e raccogliete quelle più mature che si riconoscono dal colore, rosso quasi nero e dal fatto che si staccano facilmente. Attenzione però a non macchiarvi, il rosso dei gelsi non perdona!

E della granita al pistacchio ne vogliamo parlare?

L’oro verde dell’Etna, il pistacchio di Bronte è una delle delizie che si possono gustare nella cucina siciliana sia dolce che salata. Bronte è un paesino alle pendici occidentali dell’Etna, rinomato in tutto il mondo per il suo pistacchio che ha ottenuto una certificazione DOP. Per tornare alla nostra granita, quella al pistacchio non può non essere provata. Dolce, cremosa e gustosissima.

Dove gustare la migliore granita siciliana in provincia di Catania?

È veramente difficile trovare un bar dove si serve della pessima granita siciliana perché in Sicilia quello della granita è un rito sacro! Tuttavia, ci sono dei bar che della granita ne fanno il loro cavallo di battaglia.

ACITREZZA, Eden Bar: il luogo per eccellenza dove gustare la vera e tradizionale granita siciliana a qualche metro dal mare nell’incantevole borgo marinaro di Acitrezza nota per i suoi faraglioni.

CATANIA, Prestipino:in piazza duomo a Catania e sempre a Catania segnaliamo Savia Spinella, difronte al parco Bellini di Catania.

Quando mangiarla?

Passiamo alla domanda successiva…. Non ci sono regole!

Cosa non dimenticare?

Se volete proprio dare il colpo di grazia alla vostra granita, chiedete la panna. Sopra alla granita? Sì ma se volete anche sotto come base, non vi preoccupate non vi guarderanno male, qui è prassi e poi non ve lo avevo detto che in Sicilia si piange 3 volte?

La granita siciliana nasce dalle grotte dell’Etna ai tempi dei nivaroli

Infine assolutamente da chiedere è una “brioche con il tuppo” che nel dialetto siciliano, viene utilizzata per indicare lo “chignon”, la pettinatura usata spesso dalle donne siciliane in passato, qui indica la parte superiore della brioche. Ricordatevi che per un siciliano, staccare il tuppo e donarlo alla persona con cui è seduto al tavolo è segno di grande amore perché privarsi del proprio tuppo è un gesto di grande generosità, amicizia, amore, fedeltà e devozione!

 

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